Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio – con la sentenza 07625/2025 – pubblicata in data odierna – ha annullato il provvedimento del 1° dicembre 2023 con cui il Ministero della giustizia comunicava che a partire da tale data «saranno deprecati i web services per l’accesso in consultazione all’archivio giurisprudenziale nazionale (a.g.n.) descritti nel paragrafo 3.3 della documentazione dei servizî web, a seguito della prossima disponibilità della nuova banca dati di merito pubblica (b.d.p.)».
L’annullamento del provvedimento è stato disposto sul presupposto che non è possibile “…considerare ragionevole, proporzionata o necessaria la decisione di anonimizzare tutti i provvedimenti pubblicati nella b.d.p. Invero, se l’obiettivo è garantire la diffusione della cultura giuridica, rendendo conoscibili gli indirizzi ermeneutici giurisprudenziali che, sebbene non vincolanti, possono guidare l’azione degli operatori giuridici, risulta chiaro che oscurare totalmente le informazioni circa alcuni dati di fatto rende, sostanzialmente, impossibile (o comunque assai complesso) comprendere l’esatta portata del pronunciamento.”
inoltre …”il Collegio ritiene che una corretta interpretazione della disposizione de qua non vieti di rendere disponibili i provvedimenti giurisdizionali in forma integrale, salvo i casi in cui sia la legge oppure l’autorità giudiziaria a disporre l’anonimizzazione dei dati personali contenuti nella pronuncia. In altre parole, il bilanciamento delle opposte esigenze, tutela della privacy dei soggetti coinvolti da un lato, e libero accesso alle pronunce giurisdizionali dall’altro, è rimesso N. 01496/2024 REG.RIC. all’autorità giudiziaria (salvo l’ipotesi di cui all’art. 52, comma 5 d.lgs. 196/2003): orbene, al di là dell’esatta qualificazione della decisione del giudice in tema di oscuramento (che si tratti di atto giurisdizionale o amministrativo), va rilevato come sicuramente l’amministrazione incaricata della raccolta in una banca dati dei provvedimenti non possa sostituirsi all’autorità giudiziaria nella valutazione circa la necessità di anonimizzazione. Conseguentemente, l’oscuramento generalizzato disposto dalla pubblica amministrazione non appare legittimo, considerato come essa appare interferire in parte anche con una decisione attribuita all’autorità giudiziaria.”
ed infine va osservato come l’oscuramento generalizzato potrebbe condurre a situazione paradossali: difatti, da un lato, la b.d.p. conterrebbe la sentenza anonimizzata (pur in assenza di pregiudizî per la privacy delle parti coinvolte), dall’altro, chiunque potrebbe legittimamente pubblicare la medesima pronuncia in forma integrale. Peraltro, che non si tratti di un esempio di scuola, emerge chiaramente proprio dall’ultimo documento prodotto dalla parte ricorrente: invero, il Ministero della giustizia ha concluso recentemente un accordo con l’Aie consentendo alle case editrici l’accesso alla b.d.r. In altre parole, un circoscritto gruppo di soggetti privati è stato autorizzato ad estrarre tutti i provvedimenti giurisdizionali senza oscuramento, potendo – salvo i casi previsti dagli artt. 52, commi 1, 2 e 5 d.lgs. 196/2003 – ripubblicarli integralmente. L’evidente contraddittorietà di tale assetto delineato dall’operato del dicastero rende manifestamente illogica la decisione di procedere all’oscuramento generalizzato delle pronunce accessibili nella b.d.p.
Alla luce di tali presupposti il TAR del Lazio ha annullato il provvedimento.